Fin
da quando ero piccola il mio rapporto con l'acqua è sempre stato molto
buono, però solo se calda! Amare l'acqua è stata una gran fortuna, visto
che il nuoto mi è stato consigliato da tutti i medici e fisioterapisti
che ho incontrato. In acqua riesco a muovermi meglio e anche a camminare
perchè l'acqua facilita il movimento, diminuendo le distonie e
rilassando la muscolatura.
Per alcuni anni ho frequentato l'Istituto attività motorie di Cassola dove ero seguita da un'insegnante che mi ha dato le basi per muovermi al meglio nell'acqua. Nel periodo dell'adolescenza mi sono iscritta alle piscine comunali di Marostica dove ho partecipato ad un progetto di riabilitazione in acqua convenzionato con l'ULSS di Bassano del Grappa. Lì ho conosciuto altri ragazzi con disabilità motorie e psichiche. Al termine di questa esperienza, fino a due anni fa, partecipavo al Progetto
arcobaleno presso le piscine Aquapolis a Bassano del Grappa: questo
progetto è aperto a persone con disabilità diverse tra loro che vengono
accompagnate da istruttori competenti. In particolare, nel caso della Paralisi cerebrale infantile si è visto che in
acqua è garantita la possibilità di movimento, per cui la persona
acquista autonomia, può imparare a spostarsi e a nuotare da
sola. Le persone affette da spasticità ottengono benefici soprattutto
grazie al rilassamento muscolare dovuto al massaggio dell’acqua, quindi
riescono a compiere gesti a loro impossibili a secco e con maggiore
ampiezza di movimento. I movimenti bruschi sono frenati e la densità
dell’acqua offre sostegno al corpo.
Durante la pandemia, visto che non era possibile svolgere le attività nei centri mi sono attrezzata con una piscina che ho installato nel giardino di casa. Non è stato subito semplice vista l'altezza della struttura e così ho pensato di costruire un paranco elettrico d un'imbragatura che mi permettesse di entare ed uscire dall'acqua con facilità.(1)
Per chi fosse interessato ad approfondire
La salute è "una condizione di armonico equilibrio funzionale, psichico e fisico dell'individuo, dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale." Partendo da questa definizione, ci possiamo avvicinare al tema di questo post: l'importanza dello sport per una vita sana e in salute. Lo sport infatti è un mezzo che aiuta il corpo a stare bene e offre la possibilità di crescere e di affrontare piccole sfide con noi stessi e con gli altri. Infine, lo sport può essere strumento di prevenzione del disagio e dell'emarginazione.(2)
Oggi parleremo assieme del nuoto. Esso è rinomato
essere uno sport completo e salutare, perché abbina l’attività fisica
con quella ricreativa, favorisce la salute, la longevità, il benessere
fisico e psicologico; ed è anche uno tra gli sport più praticati da
persone con disabilità motorie, temporanee o permanenti. Come ricorda Luca Pancalli del CIP (Comitato Italiano Paralimpico), infatti, “l’acqua
è quell’ambiente naturale che, più di altri, è in grado di appiattire
le diversità, in cui riusciamo a esaltare al meglio le nostre capacità”. (3)
La comunicazione:
Un soggetto con disabilità che arrivi per la prima volta in piscina
si trova in una condizione di grande insicurezza poiché, il più delle
volte, non conosce l’ambiente e le persone che gli stanno intorno,
dunque non sa cosa gli può capitare. Metterà in atto così diversi
meccanismi di difesa che sortiranno un rifiuto delle proposte che gli
saranno rivolte. E’ importante per l’operatore comprendere i messaggi
che gli vengono trasmessi e sapere poi scegliere un comportamento
adeguato. Occorre poi tenere presente che qualsiasi tipo di messaggio
che viene trasmesso non arriva quasi mai a destinazione così com’ è
stato lanciato, o come sarebbe nelle intenzioni. In questo passaggio
intervengono diversi filtri (legati all’ambiente, allo stato d’animo,
alla condizione fisica, ecc.) che lo modificano; quindi, chi riceve il
messaggio deve poter disporre degli strumenti per decodificarlo,
interpretarne il significato e rinviare a sua volta un nuovo messaggio.
Solo a questo punto potremmo dire di avere instaurato una comunicazione.
Ma sappiamo anche quanto ciò può essere difficile con persone che
presentano gravi carenze a livello psichico.
Il contatto corporeo: Ecco allora emergere l’importanza del contatto corporeo,
dell’acqua come fluido avvolgente che infonde sicurezza e, dove
praticabile, della fase ludica. Spesso il miglior modo per raggiungere
un obiettivo pedagogico può essere quello che la richiesta appaia come
un gioco: in tal modo trasmettiamo messaggi in una forma di linguaggio
accessibile e piacevole. Naturalmente diverse saranno le modalità o le
tecniche, ma invariati resteranno gli obiettivi: autonomia e
integrazione. Le capacità apprese e sviluppate durante l’attività in
acqua trovano spesso applicazione nelle funzioni relative alla vita
quotidiana e di relazione. I risultati migliori con questo lavoro si
ottengono lavorando con gruppi di persone che presentano insufficienze
mentali lievi o medio-lievi. Nell’apprendimento dello schema corporeo e
della capacità di percepire il proprio corpo in relazione allo spazio
che ci circonda, in una situazione apparentemente banale come quella
dell’attraversamento della strada, risulta fondamentale la padronanza di
determinati contrasti: destra-sinistra, davanti-dietro, fermo-in
movimento, obiettivi, questi, perseguibili in acqua.
La piscina non deve essere una seduta di idroterapia con le uniche
presenze di un fisioterapista e di un utente ma un contesto dove le
persone, ciascuna con una propria soggettività e una propria storia,
fanno esperienza. In questo contesto risulta importante favorire la
capacità imitativa di ciascuno; questa capacità deriva innanzi tutto
dall’osservazione di un’altra persona che compie le stesse azioni e
serve a prendere coscienza sia dei propri movimenti sia dell’azione in
sé. Chi propone l’attività deve essere parte attiva dimostrando cioè gli
esercizi e partecipando ai giochi proposti ed essere consapevole che
qualsiasi forma di relazione si instauri con gli allievi deve passare
attraverso un solido rapporto di fiducia.
Quando un ragazzo si abbandona completamente tra le braccia di chi si
occupa di lui, provando piacere nel lasciarsi andare, dimostra di
fidarsi pienamente. Questa forma di relazione investe tutti gli allievi
con le stesse modalità: ognuno infatti può abbandonarsi nelle braccia
dell’altro, cosciente delle proprie capacità e fiducioso nei confronti
di chi lo trasporta, ognuno può giocare il ruolo dell’allievo e quello
dell’operatore. In questo scambio di ruoli ogni allievo può
“distanziarsi” dal proprio comportamento per poi riappropriarsene in
maniera più consapevole.
In sintesi, l’autonomia in acqua
va intesa soprattutto come il fare insieme agli altri. La costruzione
dello schema corporeo si basa sull’interazione con l’altro e ciò è
possibile solo attraverso un processo di valorizzazione e coscienza
delle proprie competenze. L’integrazione va intesa come possibilità di
integrare i comportamenti dei diversi componenti di un gruppo.
L’esperienza che un bimbo con disabilità vive è sì positiva sul fronte
del raggiungimento di determinate capacità ma, al tempo stesso,
significativa per quel che riguarda la socializzazione. E questo può
valere per qualsiasi forma di disabilità. Come ci comportiamo, però, in
presenza di disabilità fisica grave? Anche in questo caso occorre
perseguire autonomia e integrazione.
La maggior parte delle disabilità motorie sono dovute ad alterazioni del
Sistema Nervoso Centrale (SNC) che si possono verificare a causa di
fattori lesivi agenti nel periodo prenatale, perinatale o post-natale e
che portano il soggetto a delle limitazioni motorie e ad assumere degli
atteggiamenti posturali diversi, secondo il grado e il tipo di lesione.
Si può osservare ad esempio una parziale o totale mancanza del controllo
del capo o una parziale incapacità di usare le mani e gli arti
superiori, di estenderli, di afferrare e di manipolare gli oggetti. Il
più delle volte manca l’equilibrio ed il controllo della postura.
L’intervento con queste forme di disabilità motoria è, seppur complesso,
meno problematico di quanto non lasci pensare l’illustrazione delle
loro caratteristiche. Quando un diversamente abile entra in acqua
subentrano tutte quelle modificazioni di cui si è detto in precedenza.
In questa fase sono richiesti l’attenzione e la gradualità necessarie, e
il rispetto dei tempi di ciascuno nell’affrontare la nuova esperienza,
al fine di evitare che una comprensibile ansia si trasformi in una vera e
propria fobia dell’acqua, con un conseguente rifiuto che, a volte, può
rivelarsi importante. L’esperienza ha insegnato che proporre
quest’attività a persone con problemi psichici, che associavano forme di
psicosi o d’autismo anche gravi, ha determinato ottimi risultati. Si
sono ridotte molte manifestazioni d’ansia o di vera e propria paura nei
confronti del mondo esterno, in alcuni casi sono addirittura scomparse
crisi psicotiche con manifestazioni d’aggressività. In simili casi è
molto importante l’approccio con l’attività: dall’esplorazione
dell’ambiente (spogliatoio, bordo vasca, ecc.) ai primi timidi contatti
con l’elemento acquatico. Qui il rispetto dei tempi del soggetto è un
fattore fondamentale; non bisogna scoraggiarsi, perché i tempi possono
essere anche molto lunghi, ma la fiducia è un aggancio senza il quale
non si può sperare di ottenere qualche risultato significativo. In una
fase successiva, per chi lo potrà, nulla vieterà l’attività natatoria, e
potrà essere quella la dimostrazione di cosa possa significare
integrazione ad un più alto livello. (cit. AA.VV.)
Bibliografia:
: P.L. Del Nista, J. Parker, A. Tasselli, Per vivere in perfetto equilibrio - pensiero e azione per un corpo intelligente. Casa editrice G. D'Anna Messina-Firenze 2013 2: https://www.disabili.com/sport/articoli-qsportq/aquatibur-nuotare-per-appiattire-le-diversita
C'è una novità alla quale sto lavorando per portare in giro le mie storie in modo alternativo. Lo conoscete il Kamishibai? E' una piccola valigetta di legno che contiene tante storie illustrate. Insieme a Tiziana, la mia nuova collaboratrice, abbiamo pensato a come costruire un kamishibai adattandolo alle mie esigenze, studiando quindi un meccanismo che mi permetta di far scorrere le immagini.
Per ora mi fermo qui e non vi svelo altro, a breve vi aggiornerò sull'evoluzione del progetto 😀